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La storia della Vespa PX (1977-2016)
Pubblicato il 30.03.2025Origini della Vespa PX: la “Nuova Linea” (1977-1981)
La Vespa PX debutta ufficialmente il 10 ottobre 1977 al Salone di Milano come erede della serie Rally, introdotta da Piaggio con il nome di “Nuova Linea”. Il primo modello presentato è la P125X, dotata di un nuovo telaio portante in lamiera d’acciaio irrigidito e di importanti innovazioni tecniche per l’epoca: una sospensione anteriore ridisegnata con effetto anti-affondamento in frenata e una sospensione posteriore con maggiore escursione. Il motore è un monocilindrico 2 tempi raffreddato ad aria da 123 cc, con miscela al 2% e avviamento a pedivella (kickstarter). Il cambio manuale a 4 marce sul manubrio diventa un tratto distintivo, così come i freni a tamburo sulle due ruote da 10”. La P125X, venduta inizialmente a circa 800 mila lire, offre prestazioni brillanti per un “ottavo di litro” e grande affidabilità.
Accanto alla 125, Piaggio lancia subito anche una versione di alta gamma: la P200E (1977), identica nel design ma con motore da 198 cc capace di circa 12 CV e 100 km/h di velocità massima. La P200E si distingue perché adotta sin dall’inizio l’accensione elettronica (fornita dalla Ducati), da cui la “E” nel nome, e dispone di un impianto elettrico più potente (12V) con batteria per alimentare clacson e luci di posizione. Nel 1978 la gamma si completa verso metà cilindrata con la P150X, da 150 cc (~8-9 CV), che eredita le soluzioni della 125.
Colorazioni iniziali: le prime PX sfoggiano tinte tipicamente anni ’70: il classico Biancospino (un bianco avorio), il Blu Marine (blu scuro), il Grigio Chiaro di Luna metallizzato (argento chiaro), oltre a Nero e Azzurro metallizzato. Verso la fine degli anni ’70 Piaggio introduce nuove colorazioni: ad esempio sulla P200E dal 1979-80 compaiono tinte come il Rosso lacca, il Tabacco (marrone) e il Sabbia. Nel 1981 arriva anche un nuovo Rosso (codice Piaggio 5003M). Insomma, già le PX di prima serie offrivano una tavolozza di colori piuttosto ampia e vivace per l’epoca.
Indicatori di direzione: una curiosità dei modelli italiani di fine anni ’70 è che, non essendo ancora obbligatori gli indicatori di direzione (frecce) per legge, la prima serie PX ne è sprovvista di serie. Le “frecce” erano disponibili come optional a pagamento: se installate, aggiungevano anche un commutatore a chiave tipo automobile sul manubrio (al posto del semplice pulsante di spegnimento). Nei mercati esteri invece gli indicatori furono spesso montati sin dall’inizio poiché richiesti dalle normative locali (in Germania e negli USA ad esempio le frecce erano obbligatorie, quindi le P125X/P200E esportate in quei Paesi uscivano già con indicatori integrati nelle scocche).
Dall’accensione elettronica alla serie Arcobaleno (1981-1984)
Nel 1981 la gamma PX subisce un primo aggiornamento tecnico importante: l’accensione elettronica senza puntine, già presente sulla 200, viene estesa di serie anche ai modelli 125 e 150 cc, migliorando l’affidabilità e riducendo la manutenzione. Di conseguenza, le sigle cambiano: la P125X e P150X diventano PX125E e PX150E (dove “E” sta per “Elettronica”), allineandosi alla P200E. Sempre nel 1981 Piaggio introduce una nuova cilindrata destinata ad alcuni mercati esteri, in particolare la Germania: la PX80 (79,77 cc), pensata per rientrare nei limiti di patente locali per i sedicenni. La PX80E eroga circa 5 kW e mantiene l’aspetto identico alle sorelle maggiori, fornendo però meno potenza e costi assicurativi inferiori in quei Paesi. Nel 1982 addirittura viene prodotta – in quantitativi limitati per l’estero – una variante intermedia PX100 da ~100 cc, ulteriore testimonianza dell’adattamento della gamma PX alle esigenze dei vari mercati.
I primi anni ’80 vedono anche nascere la versione evoluta denominata Arcobaleno. All’inizio del 1982 Piaggio presenta il progetto della “Serie Arcobaleno” che viene poi ufficializzata nel 1983, riconoscibile esternamente per una piccola banda adesiva a quattro colori (azzurro, rosso, giallo, verde – proprio come un arcobaleno) applicata sotto la sigla sul lato della scocca. Al di là del dettaglio estetico, la Vespa PX Arcobaleno introduce numerose migliorie tecniche ed estetiche rispetto alla prima serie:
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Nuova strumentazione più grande e di diverso disegno, che finalmente include l’indicatore del livello carburante (il serbatoio viene modificato per ospitare il galleggiante).
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Altre modifiche: sella ridisegnata e più imbottita, pedana centrale coperta da tappetino in plastica nero/grigio (in luogo delle strisce in gomma), bauletto portaoggetti sul retroscudo ampliato e con forma più squadrata, nuova griglia copri-clacson e nuovo fanalino posteriore più grande con gemme integrate.
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Aggiornamenti meccanici: al anteriore viene adottato un freno a tamburo migliorato con camma flottante auto-registrante (che ottimizza la frenata). La forcella anteriore è irrobustita. Viene inoltre introdotto (su alcuni modelli) il miscelatore automatico dell’olio “Autolube”: ciò consente di evitare la preparazione manuale della miscela olio-benzina, grazie a un serbatoietto dell’olio separato e a una pompa dosatrice collegata al carburatore. Sulle PX Arcobaleno l’autolube è di serie su molte versioni 150/200 (in alcuni mercati era optional sulla 125).
Nella fase iniziale (1983) l’Arcobaleno mantiene l’avviamento a pedivella, ma dal 1984 viene introdotta un’ulteriore novità: la versione Arcobaleno Elestart, dotata di motorino di avviamento elettrico. Le versioni Elestart integrano una batteria di servizio più capiente e un pulsante di avviamento sul manubrio, pur mantenendo anche la pedivella tradizionale. La presenza della batteria migliora anche l’intensità di luci e clacson al minimo. Nel frattempo, Piaggio armonizza la gamma: dal 1983 in Italia tutte le PX montano di serie gli indicatori di direzione (diventati obbligatori per legge). La serie Arcobaleno, chiamata anche “Lusso” in alcuni mercati, resta in produzione fino alla fine degli anni ’80, rappresentando l’evoluzione matura della PX classica.
Colori anni ’80: con l’Arcobaleno si amplia ulteriormente la scelta cromatica. Oltre ai colori già citati, nella prima metà degli anni ’80 vengono offerte tinte come il Rosso Corsa, il Blu Cobalto, il Blu Spazio (blu metallizzato scuro), il Grigio Titanio (grigio scuro metallizzato), l’Azzurro Fjord (azzurro tenue metallizzato), il Bianco Dolomiti (bianco ghiaccio), e altre livree brillanti tipiche dell’epoca. Piaggio introduce persino alcune varianti di sella coordinate (ad esempio la sella marrone su alcuni esemplari). Insomma, chi acquistava una PX Arcobaleno poteva scegliere tra un vero arcobaleno di colori, dal classico al moderno.
Anni 1985-1988: varianti sportive e fine di un’era
Nel 1985 la famiglia PX accoglie un’ultima importante variante: la Vespa 125 T5 “Pole Position”. Pur portando il nome Vespa e la cilindrata 125, la T5 è un modello a sé stante basato sul telaio PX ma con vocazione sportiva. Si distingue per il design con faro anteriore rettangolare, piccolo cupolino sopra il manubrio, codone posteriore sporgente e persino uno spoiler alla base dello scudo. Il motore della T5 adotta un cilindro in alluminio a 5 travasi (da cui il nome “T5”) anziché in ghisa, con carburatore SI24 speciale, rapporto di compressione elevato e marmitta dedicata: eroga quasi 12 CV, ben più dei ~7-8 CV di una PX125 standard, permettendo al T5 di superare i 100 km/h. La T5 mantiene il cambio a 4 marce ed è dotata anch’essa di miscelatore e, a richiesta, avviamento elettrico. Questa versione rimarrà in produzione fino al 1988-90 circa, costituendo l’alternativa sportiva “di fabbrica” per chi voleva più grinta dalla Vespa pur restando nella cilindrata 125.
Alla fine degli anni ’80 la PX inizia a cedere il passo a un modello più moderno: nel 1988 Piaggio interrompe la commercializzazione della PX sul mercato italiano, rimpiazzandola con la nuova Piaggio Cosa (scooter sempre derivato dalla Vespa ma più squadrato e con soluzioni innovative come freno a disco e avviamento elettrico di serie). La Cosa però non ottiene il successo sperato e molti Vespisti restano affezionati alla “vecchia” PX. Va detto che dal 1988 la produzione della PX non scompare del tutto: la linea PX continua ad essere prodotta per l’esportazione in vari Paesi (in particolare in Europa e nei mercati asiatici), sebbene in Italia non sia più a catalogo. Di fatto, tra il 1988 e il 1994 la PX si può considerare “sospesa” solo sul mercato interno italiano, mentre Piaggio continua a fornire l’estero con le Arcobaleno 125, 150 e 200.
Nota sui telai: nel corso degli anni ’80 le sigle telaio rimasero sostanzialmente invariate, ma con diversi intervalli numerici. Ad esempio, la PX125E Arcobaleno mantiene il prefisso VNX2T ma adotta una numerazione telaio a partire da 200001; le versioni Elestart hanno numeri speciali (iniziano da 3000001). Similmente la PX150 conserva il prefisso VLX1T anche per l’Arcobaleno, mentre la PX200 mantiene VSX1T. Le versioni destinate all’estero, come la PX80 (prefisso V8X1T) e la PX100 (VIX1T), seguono le proprie sequenze. Maggiori dettagli sugli identificativi di telaio verranno forniti più avanti.
Il grande ritorno negli anni ’90: dal PX Classic al disco anteriore
Vista la domanda persistente e la non brillante accoglienza della Cosa, Piaggio decide di riportare in vita la PX sul mercato italiano. Così, nel 1994 la Vespa PX torna nei concessionari italiani: Piaggio rimette in produzione la gamma PX Arcobaleno completa (125, 150 e 200 cc), aggiornandola solo leggermente. Le PX anni ’90 escono di serie tutte con avviamento elettrico (Elestart) e miscelatore automatico integrati, oltre ovviamente agli indicatori di direzione. In pratica, l’estetica e la meccanica rimangono fedeli all’Arcobaleno originale, ad eccezione di queste comodità ormai divenute richieste dal pubblico.
Nel 1996 cade il 50º anniversario dalla nascita della prima Vespa (1946-1996) e Piaggio celebra l’evento coinvolgendo anche la PX: viene lanciata una serie celebrativa denominata PX “Classic” 150°. Questa edizione speciale si distingue per la livrea Giallo brillante con sella in vinile color senape (giallo-marrone), un richiamo alle Vespe anni ’60. La PX Classic esce in numero limitato ed è oggi una versione molto ricercata dai collezionisti, grazie anche al suo colore unico (alcune fonti riportano che fosse disponibile anche in blu, ma il giallo resta il più noto). Nel 1997-98 la PX continua a vendere bene tra gli appassionati di scooter classici, sostenuta anche dal crescente interesse storico verso le “vere Vespe”. Piaggio comunque si rende conto che, per adeguare la PX alle normative e ai gusti contemporanei, servono ulteriori aggiornamenti.
Arriviamo così al 1998, quando avviene un cambiamento epocale per la PX: per la prima volta dalla sua nascita, la Vespa PX adotta il freno anteriore a disco. Questa versione viene spesso identificata internamente da Piaggio come “M09”. Il tamburo anteriore lascia il posto a un freno a disco da 20 cm con pinza a due pistoncini, migliorando notevolmente la frenata. Esteticamente, sulla ruota anteriore compare quindi il caratteristico coprimozzo piatto del freno a disco. Contestualmente vengono introdotte alcune nuove colorazioni tardo anni ’90: ad esempio Bianco Ottico (bianco pastello brillante), Verde Oliva, Verde Enigma (un verde scuro), Blu Notte (blu scurissimo), Rosso Sioux (rosso vivo) – tinte dal nome evocativo che compaiono nei cataloghi PX di fine decennio.
L’anno seguente, 1999, la PX si evolve ancora per rispettare le norme antinquinamento Euro1: Piaggio introduce un catalizzatore allo scarico (versione denominata internamente “M18”). Il catalizzatore ossidante a due vie riduce le emissioni inquinanti dei gas di scarico, permettendo alla PX di continuare a circolare secondo le nuove norme. Tuttavia l’aggiunta del “kat” incide sulle prestazioni e, soprattutto, costringe ad eliminare dal listino la cilindrata 200 cc: il PX200 non viene aggiornato con il catalizzatore e esce di produzione al termine degli anni ’90. Da questo momento, la PX è disponibile nuova solo nelle cilindrate 125 e 150. Nonostante ciò, la popolarità del PX200 usato rimane alta tra gli appassionati, che ne apprezzano la maggiore potenza.
Colori fine anni ’90: tra 1998 e 2000 la gamma colori PX comprende tinte per tutti i gusti. Alcune denominazioni esotiche introdotte in quegli anni: Grigio Moonlight (grigio chiaro metallizzato), Rosso Hippy (un rosso acceso sostituto del Sioux), Blu Cobalto, oltre ai classici Nero e Bianco. Insomma, la PX “moderna” mantiene una certa varietà cromatica, combinando colori retrò e finiture contemporanee.
Verso il nuovo millennio: edizioni speciali e ultimi esemplari (2000-2007)
Nel 2000, per festeggiare l’ingresso nel nuovo millennio, Piaggio realizza una versione in serie limitata chiamata PX “Time 2000”. Prodotta in soli 2000 esemplari numerati, la Time 2000 si caratterizza per una livrea esclusiva: un particolare colore Azzurro Argento metallizzato, sella in pelle color azzurro polvere, bauletto in cuoio (posto sul portapacchi anteriore) con logo Piaggio impresso a caldo e specchietti cromati. Questa serie speciale coniuga stile classico ed elementi di pregio, risultando subito un pezzo da collezione.
Nel 2001 la PX subisce un lieve restyling estetico, spesso indicato come versione “MY” (Model Year). Cambiano alcuni dettagli: i gruppi ottici anteriori e posteriori hanno un disegno aggiornato, gli indicatori di direzione ora hanno calotte trasparenti (invece che arancioni), il cruscotto viene ridisegnato e modernizzato (pur restando analogico, con tachimetro e indicatore carburante). Inoltre sullo scudo anteriore ritorna il logo Piaggio a forma di scudetto classico, in luogo del logo esagonale usato negli ultimi decenni. Questo restyling del 2001 traghetta la PX nel nuovo millennio conservandone l’anima vintage ma con un tocco di aggiornamento estetico.
Nonostante il continuo ammodernamento, la PX con motore 2 tempi a marce inizia a essere penalizzata da normative ambientali sempre più stringenti. Nel 2003 entra in vigore lo standard Euro2, ma Piaggio riesce ancora a mantenere la PX125/150 a listino grazie al catalizzatore. Verso la metà degli anni 2000 però si profila all’orizzonte l’Euro3, molto più severo per le emissioni: adeguare ulteriormente il vecchio motore PX sarebbe oneroso. Così, la produzione della PX sembra destinata a concludersi. Una prima “uscita di scena” avviene nel 2005 sul mercato europeo, ma prima Piaggio lancia un’ultima iniziativa in un mercato particolare: gli Stati Uniti.
Dopo oltre 20 anni di assenza dalle concessionarie americane (dal 1981 circa la Vespa PX/P200E non era più venduta negli USA a causa di normative locali), nel 2005 Piaggio decide di reintrodurre un lotto limitato di PX150 per il mercato nordamericano. Nasce così la Vespa PX 150 Serie America, un’edizione speciale destinata esclusivamente a USA e Canada: 500 esemplari per gli Stati Uniti e circa 350 per il Canada. La PX Serie America del 2005 è essenzialmente una PX150 Euro2 con freno a disco anteriore, rifinita in un’elegante colore Verde Vintage con sellone marrone e dettagli cromati. Ogni esemplare porta una targhetta identificativa numerata (ad esempio “#300 of 500”) e viene fornito con casco coordinato e attestato commemorativo. Questa operazione segna il ritorno – seppur effimero – della Vespa a marce nel mercato americano ed è oggi una delle versioni PX più rare e ambite dai collezionisti oltreoceano.
Nel 2007 la Vespa PX esce ufficialmente di scena in Europa con un’ultima serie celebrativa. Per segnare degnamente i 30 anni del modello (1977-2007) e la fine della produzione, Piaggio realizza la Vespa PX 125 “Ultima Serie” 30° Anniversario. Si tratta di una serie finale di 1000 esemplari numerati di PX125 (Euro2) prodotta tra fine 2007 e inizio 2008, caratterizzata da una targhetta rivettata sul cassetto portaoggetti sinistro con incisa la dicitura “Vespa PX Ultima Serie – 30 anni” e il numero progressivo dell’esemplare (da 0001 a 1000). L’Ultima Serie viene proposta nel classico colore Bianco e rappresenta il canto del cigno della PX: dopo quest’ultima tiratura la linea di produzione viene fermata. Per tutti sembra la fine definitiva di un’epoca: la Vespa PX, rimasta praticamente invariata nella filosofia per tre decenni, cessa di esistere nell’era dei moderni scooter automatici.
Tuttavia, la storia non finisce qui. Proprio mentre l’ultima PX esce dallo stabilimento di Pontedera, in India la LML (azienda che produceva PX su licenza Piaggio) continua a fabbricare una versione praticamente identica della Vespa PX, aggiornata però con accorgimenti antinquinamento (e persino in variante 4 tempi). Il buon successo internazionale di queste “PX indiane” (LML Star/Stella) dimostra che la domanda per uno scooter a marce retrò è ancora viva. Piaggio, osservando il fenomeno, decide di tornare sui suoi passi qualche anno dopo.
Il gran finale: il ritorno nel 2011 e l’addio definitivo (2011-2016)
Dopo qualche anno di assenza, la Vespa PX rinasce ancora una volta. Piaggio ripresenta la PX al Salone di Milano (EICMA) del 2010, suscitando entusiasmo tra gli appassionati, e riavvia la produzione nella primavera 2011. La “nuova” PX125/150 del 2011 è sostanzialmente invariata nell’estetica rispetto ai modelli 2007, ma viene omologata Euro3 grazie ad alcuni interventi sul motore (carburazione rivista e catalizzatore ottimizzato). Tornano a listino le cilindrate 125 e 150 cc (la 200 purtroppo no). Di fatto, i modelli 2011-2016 possono essere considerati PX “Arcobaleno/MY” rifiniti con colori e dettagli moderni. Ad esempio, i primi esemplari 2011 vengono proposti in colorazioni classiche come il Bianco, il Nero Lucido, il Rosso Dragon e un Azzurro Marina (un azzurro pastello chiaro), tutti abbinati alla sella lunga biposto nera. Le finiture cromate (portapacchi, specchietti) sono di serie, così come il freno a disco anteriore, l’avviamento elettrico e il miscelatore: dotazioni ormai standard.
Nel 2011, oltre al modello base, in Italia esce una particolare edizione celebrativa: la PX 150° Unità d’Italia. In occasione del 150º anniversario dell’Unità nazionale (1861-2011), Piaggio realizza una PX150 in serie speciale con livrea dedicata: colore Bianco con grafiche tricolori (strisce verde-bianco-rosso) e sella marrone. Questa versione celebrativa, prodotta in numero limitato, rende omaggio alla storia italiana e arricchisce la gamma PX 2011, diventando un pezzo da collezione per gli appassionati patriottici.
Negli anni successivi la Vespa PX continua ad essere venduta in vari mercati, incontrando il favore di una nicchia di appassionati nostalgici. Vengono introdotte anche nuove colorazioni “vintage” per mantenere vivo l’interesse: ad esempio un Verde Vintage (simile a quello della Serie America) e un Blu Midnight, oltre ai classici bianco, rosso e nero. Nel 2015 Piaggio lancia un’altra edizione speciale denominata PX Touring: disponibile su PX125 e PX150, la versione Touring si caratterizza per la colorazione Grigio Seta (un elegante grigio argento opaco) con sella marrone, dotazione di serie di portapacchi cromati anteriore e posteriore e cupolino parabrezza. È un allestimento pensato per i viaggiatori urbani che vogliono uno stile retrò-chic; la PX Touring esce in serie limitata soprattutto in alcuni mercati europei.
Il 2016 è l’anno del 70º anniversario della Vespa (1946-2016) e, coincidenza, segna anche il capitolo conclusivo per la PX. Piaggio celebra l’anniversario lanciando la serie speciale “Settantesimo” (70° Anniversario) su vari modelli Vespa, inclusa la PX. La Vespa PX 70° Anniversario, prodotta nel 2016, sfoggia un’esclusiva livrea Azzurro 70 metallizzato, sella in pelle color cuoio, badge celebrativo “70°” sul vano portaoggetti e viene venduta insieme a un elegante bauletto posteriore (borsone in pelle coordinato). Disponibile sia in cilindrata 125 sia 150, questa serie conclude in bellezza la carriera della PX, con un tributo alla storia gloriosa del marchio.
A fine 2016, però, giunge davvero il momento di dire addio: con l’entrata in vigore della normativa Euro4 (ancor più severa) dal 2017 e l’obbligo di dotare i nuovi veicoli di ABS, Piaggio decide di cessare definitivamente la produzione della Vespa PX. Gli ultimi esemplari escono dalle linee di montaggio a dicembre 2016. Dopo quasi quattro decenni, la Vespa “a marce” saluta definitivamente il mercato, complice anche il calo di vendite (ormai la stragrande maggioranza degli scooter venduti era automatica). Resta però il fatto che la PX abbia attraversato indenne generazioni, chiudendo la sua storia come il modello Vespa più longevo e uno dei più amati di sempre.
Sigle di telaio e codici identificativi
Ogni versione della Vespa PX è identificata da una sigla telaio unica, utile per riconoscere anno, cilindrata e mercato di destinazione. Di seguito un elenco delle principali sigle telaio (prefisso del numero di telaio) delle PX dal 1977 al 2016, con indicazione delle varianti italiane ed estere:
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P125X (1977-1982): sigla telaio
VNX1T
(numerazione da 1101 in poi). Motore 125cc sigla VNL3M. Questo vale per il modello italiano; le versioni export condividono la stessa sigla telaio ma spesso avevano serie numeriche differenti. -
P150X (1978-1981): sigla telaio
VLX1T
. Motore 150cc sigla VBC1M (derivato dai modelli precedenti). Anche qui la sigla è comune a Italia ed estero per la prima serie 150. -
P200E (1977-1982): sigla telaio
VSX1T
(numerazione dal 1001 in poi). Motore 200cc sigla VSX1M. La P200E destinata agli USA negli anni ’78-’81 aveva telaio VSX1T con una targhetta aggiuntiva omologativa (VIN a 17 cifre) indicante la versione “P200E”. -
PX125E/150E Arcobaleno (1982-1984): sigla
VNX2T
per la 125,VLX1T
(continuato) per la 150. Le serie Arcobaleno 125 iniziano da telaio VNX2T *200001*, mentre le 150 Arcobaleno iniziano da VLX1T *600001*. Per il modello PX200E Arcobaleno (1982-1984) rimaneVSX1T
con numerazione da 300001 in poi. -
PX Arcobaleno Elestart: le versioni con avviamento elettrico introdotte nel 1984 hanno sigle simili ma con blocchi numerici propri molto alti. Ad esempio: PX125E Arcobaleno Elestart sigla VNX2T numeri da 3000001 in poi; PX150E Arcobaleno Elestart VLX1T da 3000001; PX200E Arcobaleno Elestart VSX1T da 3000001. Queste indicazioni aiutano a riconoscere se un esemplare Arcobaleno era uscito di fabbrica con motorino d’avviamento.
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PX80 (1981-1987 circa): sigla telaio
V8X1T
. Versione 80cc per Germania ed alcuni paesi europei: esiste come P80X prima serie e come PX80E Arcobaleno. Le Arcobaleno 80 iniziano da telaio V8X1T 100001; anche qui le Elestart 80 (dotate di batteria) hanno numeri a partire da 3000001. -
PX100E (1983-1984 circa): sigla telaio
VIX1T
(a volte trascritto come V9X1T). È la rara versione 100cc prodotta per pochi mercati esteri; telaio derivato dalla PX125 ma con proprio prefisso identificativo. -
PX “Arcobaleno” anni ’90 (1994-1997): la produzione ripresa nel 1994 utilizza le stesse sigle Arcobaleno precedenti (VNX2T, VLX1T, VSX1T), proseguendo la numerazione dove si era interrotta. Ad esempio i PX200 VSX1T prodotti nel 1997 presentano numeri telaio attorno ai 430000-440000.
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PX disco (1998, codice M09): viene mantenuta la sigla telaio
VNX2T
per PX125 eVLX1T
per PX150. Ormai i numeri di telaio di queste versioni anni ’98 superano il milione (vengono però spesso abbreviati in documenti con codici completi tipo ZAPM09...). La sigla M09 in realtà identifica il modello omologativo (utilizzato anche nelle prime cifre del VIN a 17 caratteri, ad esempio ZAPM09...). -
PX catalitico (1999, codice M18): come sopra, sigle VNX2T/VLX1T, ma omologazione aggiornata. Il VIN dei modelli dal 1999 in poi tipicamente inizia con
ZAPM18
… per indicare il modello Euro1 catalizzato. -
PX 2011 (Euro3, codice M74100): le ultime PX125/150 Euro3 riportano un VIN completo a 17 cifre iniziante per
ZAPM74100
… (per la 125) eZAPM74101
… (per la 150), conformemente alle moderne regole VIN. Tuttavia sul telaio è ancora presente il vecchio prefisso stampato (VNX2T o VLX1T) seguito dal numero sequenziale. In pratica Piaggio ha mantenuto la continuità con le sigle storiche anche sugli ultimissimi esemplari, integrandole però nel contesto del VIN internazionale.
In sintesi, le sigle telaio Vespa PX sono rimaste fedeli alla tradizione (VNX per 125, VLX per 150, VSX per 200, ecc.), con l’aggiunta delle varianti speciali per 80 e 100 cc destinate all’estero. Conoscere la sigla telaio di un esemplare PX è fondamentale per identificarne anno e versione, specialmente nel caso di modelli particolari o importati.
Differenze tra i modelli italiani e le versioni estere
La Vespa PX, nel corso della sua lunga produzione, è stata venduta in tutto il mondo. Pur mantenendo base e aspetto generale identici, esistevano alcune differenze specifiche nelle versioni destinate ai vari mercati, dovute a normative locali o preferenze nazionali:
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Indicatori di direzione e impianto elettrico: come accennato, in Italia le prime P125X/P150X uscirono senza frecce (optional), mentre per mercati come Germania, Regno Unito e USA le frecce erano montate di serie fin dall’inizio. Inoltre, le versioni export dotate di frecce spesso avevano anche una batteria nell’impianto elettrico per alimentare indicatori e clacson a motore spento o al minimo (ciò era richiesto ad esempio dalle norme USA per le luci di posizione). Le PX per gli Stati Uniti fine anni ’70 (P200E USA) avevano un impianto 12V con batteria, clacson diverso e intermittenza frecce tarata secondo gli standard federali.
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Illuminazione e strumentazione: i modelli USA presentavano fari sigillati di tipo sealed-beam e lampadine diverse (per rispettare gli standard DOT). Il tachimetro sulle versioni per UK e USA era in miglia anziché in km/h. Inoltre, la versione americana della P200E aveva una spia verde di “folle” sul cruscotto (neutral indicator) per indicare quando il cambio era in folle – caratteristica non presente sui modelli europei.
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Elementi rifrangenti: negli Stati Uniti era obbligatorio avere catadiottri riflettenti laterali: per questo le PX americane montavano piccole placche arancioni e rosse ai lati del parafango anteriore e del fanalino posteriore. In Europa tali catarifrangenti non erano previsti (tranne aggiunte posticce nei paesi che lo richiedevano).
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Marmitta e emissioni: alcune versioni estere adottarono anticipatamente dispositivi anti-inquinamento. Ad esempio, già nei primi anni ’80 in Svizzera e Germania esistevano PX con sistemi di recupero fumi o getti calibrati per rispettare limiti più severi. Negli anni 2000, prima dell’Euro3, Piaggio produsse per mercati come la California delle PX150 con carburazione molto magra e catalizzatore a 3 vie (per rispettare la CARB). Queste differenze però erano poco visibili esternamente.
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Cilindrate e potenze specifiche: il caso più eclatante è la già citata PX80 riservata a Germania, Austria e pochi altri Paesi: per patenti locali serviva <125cc, così Piaggio offrì l’80cc (e perfino il 100cc in poche unità). Nel Regno Unito, invece, la 125cc era la cilindrata minima per l’uso con L-plates (patentino), quindi la PX125 è sempre stata popolarissima lì, mentre la 150 non venne mai venduta ufficialmente sul mercato UK (che preferiva 125 o direttamente 200). Negli USA la cilindrata principale fu la 200cc (P200E); le 125/150 PX non furono importate negli anni ’80, fatta eccezione per la serie limitata PX150 nel 2005.
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Diverse denominazioni commerciali: sebbene “PX” sia la sigla universalmente nota, in alcuni cataloghi esteri le prime versioni venivano ancora chiamate “P125X” o “P200E”. In Germania la serie Arcobaleno venne ribattezzata “PX Lusso”. In Francia e Spagna i modelli erano pressoché identici a quelli italiani, ma cambiava qualche dettaglio di targhette (ad esempio, sui modelli destinati al mercato americano compariva la scritta “Vespa” in rilievo sul cofano, mentre in Italia c’era solo il logo Piaggio).
In generale, le differenze tra modelli italiani ed export erano mirate a soddisfare requisiti normativi (luci, emissioni, velocità, rumorosità) o esigenze di mercato (cilindrate speciali). La bontà del progetto PX fece sì che, al di là di questi dettagli, una PX italiana e una tedesca degli stessi anni restino quasi indistinguibili a prima vista. Questo ha facilitato anche l’import/export di esemplari usati tra vari paesi: ad esempio, molte PX200 oggi circolanti in Italia provengono dalla Germania, dove erano vendute fino ai primi anni ’90 mentre in Italia in quel periodo non lo erano.
Versioni speciali numerate e commemorative
Oltre alle normali versioni di produzione, la saga della Vespa PX comprende diverse serie speciali a tiratura limitata o edizioni commemorative, molto apprezzate dai collezionisti. Riassumiamo le principali:
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PX 150 “Classic” (1996): serie speciale per il 50º anniversario Vespa. Colore giallo brillante (o raramente blu), sella in vinile color senape, dettagli cromati. Non numerata, ma prodotta in quantitativi limitati nell’anno 1995/96.
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PX 150 “Serie Limitata” / Time 2000 (2000): edizione limitata a 2.000 esemplari numerati per celebrare il nuovo millennio. Livrea azzurro-argento metallizzato unica, sella e bauletto in pelle azzurra, specchietti cromati, targhetta dedicata. Modello ricercatissimo.
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PX 150 “Serie America” (2005): versione destinata al mercato USA (500 unità) e Canada (350 unità), numerate individualmente. Colore Verde Vintage con sella marrone, completa di kit accessori e certificato. Prima e unica PX importata ufficialmente negli States dopo gli anni ’80.
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PX 125 “Ultima Serie – 30º Anniversario” (2007): serie finale di addio, 1000 esemplari numerati (#1-1000) prodotti per l’Europa. Colore bianco, targhetta rivettata sul bauletto con numero seriale e scritta “30 anni”. Rappresenta l’ultimo lotto di PX prima dello stop del 2007.
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PX 150 “150° Unità d’Italia” (2011): edizione commemorativa del 150º dell’Unità nazionale, riservata al mercato italiano. Colore bianco con bande tricolori, sella cuoio, emblemi celebrativi. Produzione limitata nel 2011 (non numerata singolarmente).
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PX 125/150 “Touring” (2015): serie speciale pensata per alcuni mercati (es. Europa, Australia) con allestimento da viaggio. Colore grigio seta opaco, sella marrone, portapacchi cromati e parabrezza di serie. Tiratura limitata, prodotta nel 2015.
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PX 125/150 “70° Anniversario” (2016): edizione celebrativa per i 70 anni di Vespa. Colore Azzurro 70 metallizzato esclusivo, sella in pelle marrone, logo “70°” e dotazione di bauletto dedicato. Serie non numerata ma prodotta solo nel 2016, di fatto gli ultimissimi esemplari PX immatricolati.
Ognuna di queste versioni speciali aggiunge ulteriore fascino alla gamma PX, combinando spesso elementi estetici unici con la meccanica consolidata dello scooter. Sul mercato collezionistico, le serie limitate (Time 2000, Serie America, Ultima Serie) spuntano quotazioni decisamente superiori rispetto alle versioni standard, proprio per la loro rarità.
Caratteristiche tecniche salienti della Vespa PX
La Vespa PX, pur evolvendosi negli anni, ha mantenuto una base tecnica comune che è parte integrante del suo fascino. Ecco le caratteristiche principali:
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Motore e cambio: tutte le PX montano un motore monocilindrico 2 tempi con aspirazione a valvola rotante, raffreddato ad aria forzata. Le cilindrate principali sono 125 cc (alesaggio 52,5 mm x corsa 57 mm), 150 cc (57 x 57) e 200 cc (66,5 x 57). Il cambio è sempre manuale a 4 marce, con comando a manopola girevole sul manubrio sinistro e frizione manuale multi-disco in bagno d’olio. Questa configurazione “a marce” è una firma della PX, distinta dai moderni scooter automatici.
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Ciclistica: telaio monoscocca in lamiera d’acciaio stampata, molto robusto, con strutture portanti integrate (nel tempo sono state apportate solo lievi modifiche di rinforzo). Sospensione anteriore a monobraccio oscillante con molla elicoidale e ammortizzatore idraulico coassiali (schema anti-dive introdotto con la PX), corsa ruota anteriore ~90 mm. Sospensione posteriore con ammortizzatore singolo inclinato, fissato al motore oscillante fungente da forcellone, corsa ~70-80 mm.
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Ruote e freni: ruote da 10 pollici intercambiabili, pneumatici 3.50-10. Freno anteriore: a tamburo da 150 mm sulle serie 1977-1997, poi a disco da 200 mm (dal 1998 in avanti). Freno posteriore: sempre a tamburo da 150 mm azionato a pedale. L’adozione del freno a disco anteriore ha migliorato la sicurezza, pur mantenendo l’estetica classica (grazie al coprimozzo in stile tamburo).
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Alimentazione e lubrificazione: carburatore Dell’Orto SI (20/20D sulle 125/150, 24/24E sui 200, e un SI24/24G specifico sul 125 T5). Miscela olio-benzina al 2%. Sulle prime serie la miscela va preparata manualmente; dal 1982-84 molte PX adottano il miscelatore automatico con serbatoio olio separato (capacità ~1,5 L) e pompa olio meccanica, denominato “Mixer” o “Autolube”. Ciò elimina la necessità di miscelare manualmente e garantisce sempre la giusta percentuale di olio in base al gas aperto.
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Accensione ed impianto elettrico: inizialmente (1977-1981) la PX125/150 ha accensione a puntine (volano magnete da 6V ~90W senza batteria), mentre la 200 ha da subito accensione elettronica CDI 12V. Dal 1982 tutta la gamma passa ad accensione elettronica CDI 12V con volano statore Ducati da ~80-90W. L’impianto luci è 12V in tutte le PX, con o senza batteria a seconda delle versioni. Luci: faro anteriore con lampada biluce (25/25W sui primi modelli, poi 35/35W), lampade posizione/freccia 5-10W, stop 10W. Nelle versioni con batteria, le luci di posizione e gli indicatori possono funzionare anche a motore spento.
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Avviamento: tutte le PX hanno il classico avviamento a pedivella. L’avviamento elettrico (“Elestart”) compare come optional/finitura dal 1984 sulle Arcobaleno e diventa di serie su molte versioni dagli anni ’90 in poi. L’Elestart aggiunge un motorino elettrico sul carter e una batteria nel vano sottosella. Peso aggiuntivo contenuto, e comodità nell’uso urbano.
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Altre caratteristiche: la PX è dotata di ruota di scorta di serie (alloggiata sul lato destro, simmetricamente al motore sul lato sinistro) su quasi tutte le versioni vendute in Italia – un tratto distintivo ereditato dai modelli precedenti. Il serbatoio carburante ha capacità ~8 litri (di cui ~2 di riserva, attivabile con rubinetto manuale a levetta sotto al sedile). Consumi: nell’uso turistico la PX125 supera i 25-30 km/l, il 200 sta intorno ai 20-25 km/l. Velocità massime: PX125 ~90 km/h, PX150 ~95 km/h, PX200 ~105 km/h (dati variabili a seconda delle serie e norme anti-inquinamento). Infine, il peso a secco va dai ~97 kg della PX125 prima serie ai ~110 kg delle versioni ultime con avviamento elettrico e catalizzatore.
Queste caratteristiche hanno reso la PX uno scooter robusto, semplice e facilmente riparabile. La presenza del cambio manuale e della frizione ha sempre distinto la guida della PX: richiede un minimo di pratica, ma offre un feeling “meccanico” apprezzato dai cultori. Anche tecnicamente, la PX si presta a elaborazioni e personalizzazioni (motivo per cui esiste un vasto mercato di ricambi e tuning). Insomma, un mezzo nato bene e rimasto sostanzialmente fedele a sé stesso, attraversando le epoche con il giusto mix di tradizione e aggiornamento.
Quotazioni di mercato attuali (2024-2025)
Oggi la Vespa PX è considerata a tutti gli effetti un veicolo d’epoca ricercato. Le quotazioni sul mercato dell’usato sono in crescita, soprattutto per gli esemplari ben conservati e per le versioni più rare. Di seguito una panoramica indicativa dei valori medi in Italia aggiornati al 2024-2025 (prezzi riferiti a veicoli con documenti in regola, pronti all’uso):
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Vespa P125X / P150X prima serie (1977-1980): le prime PX “senza frecce” godono di forte interesse collezionistico. Un esemplare 125/150 prima serie in ottime condizioni di originalità può valere circa 3.500-4.500 €. Se conservato perfettamente (vernice originale, pochi km) può superare anche 5.000 €, soprattutto il P200E prima serie che raggiunge facilmente 4.000-5.000 € dato il suo status iconico.
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Vespa PX125E / PX150E / PX200E Arcobaleno (anni ’80): queste versioni sono diffusissime e amate. Un PX125/150 Arcobaleno restaurato a regola d’arte vale mediamente 3.000 €; un esemplare ben conservato, magari con targa e vernice originale, può spuntare 3.500 € o più. La PX200 Arcobaleno, più rara (specialmente in Italia), ha quotazioni leggermente superiori: 4.000 € per un bel conservato, fino a 5.000 € per un restaurato perfetto. Il modello 125 T5, essendo di nicchia, si attesta intorno ai 2.500-3.000 € in buone condizioni (ma anche qui, esemplari eccellenti possono valere di più).
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Vespa PX “Arcobaleno” anni ’90 e PX Disco (1998-2007): i modelli di seconda generazione, pur più recenti, mantengono valori simili. Una PX125/150 fine anni ’90 con freno a disco si trova intorno ai 2.500-3.000 € se in ordine. Poiché molti di questi sono stati usati quotidianamente, quelli conservati originali sono meno comuni: un PX150 del 2000 “Millennium” in eccellenti condizioni potrebbe raggiungere 3.500 €. Le ultimissime PX125 Ultima Serie 2007, grazie alla tiratura limitata, oggi quotano anche 5.000 € se pari al nuovo con targhetta numerata (sono considerati pezzi da collezione).
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Vespa PX 2011-2016 (ultimi modelli Euro3): paradossalmente, le PX più recenti possono avere valori leggermente inferiori sul mercato d’epoca, in quanto non ancora trentennali (ma comunque ricercate dai cultori). Un PX125/150 del 2015-2016 usato in buone condizioni si aggira sui 2.000-2.500 €. Tuttavia, le versioni speciali Settantesimo 2016, essendo già da collezione, possono valere 3.000 € o più se praticamente nuove. Man mano che questi esemplari diventeranno storici ventennali, è probabile un ulteriore aumento delle loro quotazioni.
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Versioni speciali e serie limitate: qui i valori salgono sensibilmente rispetto alle controparti standard. Un PX150 Serie America 2005, rarissimo in Italia, può superare i 6.000 € se in condizioni impeccabili (alcuni esemplari negli USA hanno già spuntato cifre sopra i $7.000 all’asta). La PX150 Time 2000, grazie alla tiratura di 2000 pezzi, viaggia sui 5.000 € se ben tenuta. La PX150 Unità d’Italia 2011 e la PX Touring 2015, pur non numerate, possono aggiungere un 20-30% al valore standard per via della livrea unica. In generale, ogni PX con pedigree “edizione limitata” trova facile riscontro tra collezionisti disposti a pagare un premium price.
Ovviamente le cifre sopra indicate possono variare in base allo stato del veicolo: una PX “conservata” originale e funzionante vale più di una restaurata male o non funzionante. I collezionisti premiano molto la vernice originale, i dettagli corretti e i documenti in regola. Anche la cilindrata influisce: se il 125 è gradito per questioni di accesso assicurativo (veicolo storico, patente A1), il 200 è preferito da chi cerca prestazioni e quindi tende ad avere un valore leggermente maggiore. La 150 occupa una via di mezzo.
In conclusione, la Vespa PX si conferma non solo un pezzo di storia, ma anche un investimento per molti appassionati: possederne una oggi significa avere tra le mani un classico intramontabile, il cui valore è destinato a mantenersi solido (se non a crescere ulteriormente col tempo), mentre ci si gode il piacere unico di guidare una Vespa d’altri tempi.
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